domenica 22 aprile 2012

intro


Queste lettere non arriveranno a destinazione perchè l'indirizzo del destinatario scritto a penna stilografica sul retro non sarà leggibile.
Saranno fatte di parole rivolte a qualcuno che non le leggerà, qualcuno che non può leggerle perchè non esiste. Queste lettere non esistono se non nella mia fantasia.
Eppure le apro parlando ad un certo "X". Segno che mi ricorda non solo i problemi di matematica mai capiti, ma soprattutto l'espressione massima dell'incognita.
Un punto interrogativo, qualcosa che non si sa, qualcosa che, soprattutto, si cerca. Non ha volto il signor X, nè figura. Vive nel mio mondo, ma per le mille casualità della vita non lo incontrerò mai. Che sfiga.
Eppure sembrava così vicino quel pomeriggio al bar, sentivo nell'aria la sua presenza.
Se fossi arrivata qualche minuto prima l'avrei sicuramente riconosciuto, lì alla cassa, a pagare il suo caffè.
O quel mattino alla fermata del tram, quel mattino in cui scordai le chiavi di casa e arrivai tardi a scuola. Era certamente salito sul 145, per la prima ed ultima volta. Prendo tutte le mattine il 145, sempre. Era lui, ne sono certa.
Correvo affannata, sì, ma non ho potuto fare a meno di scorgere la camicia azzurro chiaro arrotolata fino ai gomiti e la gamba piegata in posizione di riposo, un riposo composto.
Per pochi attimi lo perdo. Lo perdo nei congiuntivi delle mille domande che mi faccio e alle quali non serve dare risposta: se fosse andata così? Se fossi arrivata prima?
Lo perdo, eppure di tempo per cercarlo ne ho. Tutta una vita. È la sfida del secolo: passo il mio tempo a rincorrerlo e appena lo prendo dal colletto della polo di cotone due enormi porte di ferro fanno per schiacciarmi le dita e sono costretta a lasciarlo. E via, di nuovo a cercare tra le piazze, i ristoranti, le librerie. Prima o poi quei titani di ferro immaginari mi schiacciano pollice ed indice e addio anche alle lettere che gli scrivo. Speriamo le legga in qualche modo. O speriamo di no. Gli consegnerò la scatola con tutto questo fogliame il giorno in cui riuscirò a dirgli che poteva aspettarmi un attimo.


sabato 21 aprile 2012

30/08


Si cade dentro se stessi
aspettando d'essere
salvati.
Da chi?


Prigioniera 
della maschera
attaccata al
volto
con forza.
Liberati.
Liberami.
Rinunciataria perdente
cosa stringi
ora
nelle tue mani
che non sia solo
aria?


E ora respira.

mercoledì 18 aprile 2012

l'attesa

La scatola di cartone
che conteneva il tuo sorriso
è da tempo in soffitta,
ma non per questo il rumore del mare
- che mi cantavi tutte le sere - 
è disperso tra i clacson
delle auto nel traffico 
da sabato sera.


Mentre aspetto sento
solo (sola)
il fruscio delle foglie in settembre
e le tue porte annebbiate
chiudersi
lasciando che il sole mi picchi
e metta luce
sugli sbagli dettati dal cuore.


Impenetrabilità
come sigillo di un amore malsano.
Strappa via le speranze di rivedere 
sabbia
a dicembre.