martedì 31 gennaio 2012

farewell


Se credi d’avermi
Tornito
Con le unghie il volto
Con il tuo ego
Prepotentemente
Presente

Il nero avvolge
La tua bruttura:
Attorno io.
Fiale di rabbia bevute e lasciate
Aperte
Sul tavolo da pranzo
Senza fame di ingiurie
Te ne vai come se il gelo fossi
Io.

Senza voce d’addio per
Tenermi lontana dal pozzo nero
Non verrei a baciarti.
Neanche se vedessi ancora
Le tue sigarette dalla porta del bagno di
Camera mia
Dopo averti seguito
Fino alla caduta
Del senno
Sul pavimento bagnato,
insieme
al vuoto
che lasciavi sempre
al posto
dei fiori strappati dal terreno annacquato dalle tue lacrime.

sabato 28 gennaio 2012

preludio


"non ho mai amato le cose inaspettate.
odio le cose improvvisate: senza programmi e senza un ordine preciso che mi dia sicurezza.  ho bisogno di un universo chiuso e fin(i)to. odio le sorprese perchè, presa dallo stupore e dalla meraviglia, mostrerei ciò che sono davvero di fronte agli eventi.  devo essere preparata a tutto: pianificare le mie espressioni, le mie parole qualunque cosa abbia di fronte per non essere inopportuna e per non deludere le aspettative degli altri.
ho sempre avuto risvolti positivi nascondendomi dietro alla mia maschera poichè al mondo non interessa sapere il nome dell'interprete, sono più attratti dal personaggio del film. ci si ritrova a vivere come comparse di un film del quale potresti essere il regista..."
Lei scriveva quando aveva tempo: quando i pensieri diventavano di bronzo. e pesavano così tanto nella testa. e davano così tanta malinconia. per non sentirli lì dentro urlare e divincolarsi tra di loro, l'unico modo era prendere la penna e scrivere.
se lui l'avesse amata, questo lei non lo sapeva. lo domandava a se stessa e le risposte erano sempre incerte e mutevoli. era stato un sabato sera da protocollo standard: cena, cinema.
diversamente cena.
Lei non ama cibi elaborati: niente pesce, antipasti, cibi complessi. non le piacciono le verdure. niente formaggi. niente contorni d'ogni genere. no a salse, a insalate.
Aveva cercato più volte di imporre a Lui la sua idea malsana secondo cui sarebbe stato molto meglio per la loro relazione se ognuno avesse cercato di ricordare attentamente tutti i dettagli che li distinguevano – quando Lei diceva “tutti” intendeva tutti per davvero, quindi anche i sopracitati cibi che Lui avrebbe dovuto evitare con maestria per una cena da sabato sera. Peccato che tra i mille pregi che Lui poteva vantarsi d'avere non c'era una memoria brillante.
Così il primo screzio i due l'ebbero quando Lei si accorse che la sua richiesta era stata completamente ignorata e, cosa ancora più grave, involontariamente. Lui era il classico tipo che voleva vivere in tranquillità, voleva che i voleri e le richieste fossero sempre palesati per non incorrere in malintesi che non avrebbero fatto altro che turbare l'equilibrio quasi surreale che c'era tra loro.

giovedì 19 gennaio 2012

тания - виктор


06/01/2012, St. Petersburg
La luce non arrivava prima delle dieci del mattino e Tania lo sapeva: A San Pietroburgo ci era nata. Camminava velocemente per non sentire il freddo entrarle nelle ossa come il dolore di quei giorni, così incessante e imponente. Il marciapiede era scivoloso, la neve del giorno prima aveva lasciato posto ad un massiccio strato di ghiaccio. Tania era prudente e leggera quanto elegante nel suo passo mattutino, benchè fosse colma fino all'orlo di lacrime, come il più fragile dei contenitori. Le lacrime che le rigavano a più riprese il volto le davano un brivido di calore difficile da trovare in quella città. A questo fu utile il dolore di Tania? A riscaldarle il volto con lacrime salate? Probabilmente era l'unica nota positiva.
Viktor l'aspettava in stazione nella sua vecchia Skoda grigia, illudendosi di poter riuscire a riscaldarsi più facilmente rimanendovi dentro. Tania era appena arrivata e faticava a riconoscerlo; ricordava solo la piccola cicatrice sopra all'occhio destro, di due blu come la notte. Lo sguardo di Viktor portava Tania in una dimensione caotica e indefinita, fosse stato per le emozioni complesse mai esternate che lei provava o per la stessa bellezza disarmante di quei diamanti stranamente blu. Viktor di Tania aveva un ricordo che pulsava più degli altri: il biondo lucente dei capelli che si sposava alla perfezione con le perle che la giovane donna portava con grazia ai lobi delle orecchie.
Quei sottili fili d'oro intrecciati in mille modi - trecce, codini, con fiocchi - erano parte essenziale del ricordo di Tania che aveva quell'uomo.
Il cielo che li sovrastava era specchio dei loro pensieri: cupi, grigi, confusi. Le nuvole sembravano quasi non voler dare spazio al sole che con educata prepotenza insisteva nel far capolino tra di loro. Sarebbe bastato solo qualche raggio delicatamente filtrato dalle pesanti nuvole per permettere a Tania e Viktor un accenno di sorriso. Quel raggio si sarebbe posato timido sul viso della giovane , illuminandole i biondi fili d'oro e bruscamente avrebbe fatto socchiuderle di poco gli occhi. Lei avrebbe avvicinato la mano al volto per ripararsi ed asciugare le sue lacrime trasformate in rugiada scintillante da quel raggio. L'abbagliante sole si sarebbe disteso diversamente su Viktor. Avrebbe attraversato i vetri della vecchia Skoda e con fatica avrebbe percorso i lineamenti marcati dell'uomo. La fronte lucida, l'incavo degli occhi, le guance morbide, le labbra carnose fino ad arrivare ai diamanti blu, provocando probabilmente qualche imprecazione da parte dell'uomo.