"in questo non tempo a cui noi soli apparteniamo io non ti chiamo troppo piccola. cosa è un nome? non ci può contenere. estranei alla vita, estranei alla morte, noi ci dondoliamo al di là del mondo come se fossimo lì da sempre. che meraviglia, e ci assomiglia. ricominciare a sentire, ricominciare qui. così esausti o invincibili basta solo arrendersi e sentire che meraviglia e ci assomiglia ricominciare a sentire ricominciare qui..."
giovedì 21 giugno 2012
ns2
Ho da poco scoperto Fabi. E' geniale.
mercoledì 13 giugno 2012
voglio solo dormire.
Ho paura del buio. Appena tramonta il
sole ed il cielo si tinge di indaco inizio col mio giro di pensieri
illeciti. Questo mi provoca da sempre problemi. E' purtroppo
incontrollabile, e ogni volta che succede mi convinco della potenza
della mente umana di disobbedire alla razionalità, perché
nonostante tu continui a convincerti che “va tutto bene. È solo
l'evolversi della giornata, non c'è da aver paura”, lei inizia a
fluttuare, a creare pensieri senza nessi logici che provocano timore,
senso d'angoscia. L'angoscia del tempo che passa e la nostra
impotenza a riguardo. Passano giorni e notti, giorni e notti... - per
quanto tempo ancora? - , perché succede tutto così in fretta?, ti
chiedi. Tisane e camomille raramente hanno la meglio e ancor più
raramente riesco a calmarmi senza prima irrompere in crisi di panico.
Spesso l'unica consolazione – quando ci riesco – è cadere in
sonni profondi. Quando dormo non penso a ciò che accade nella
realtà. Non penso a nulla che abbia ripercussioni sulla vita reale.
Sono libera. Ma oggi è diverso. Ho nodi in gola che non si sciolgono
al pianto. Macché nodi, sono matasse di lana ingarbugliate, e non ne
vengo a capo. Mi sveglio e appena apro gli occhi, un tuffo al cuore.
Vorrei continuare a dormire per anni, spendere le mie ore di sonno
tutte adesso. Perché ogni mattino l'enorme nodo alla gola si fa più
inestricabile, e ciò che voglio è solo continuare a dormire.
domenica 22 aprile 2012
intro
Queste lettere non arriveranno a destinazione perchè l'indirizzo del destinatario scritto a penna stilografica sul retro non sarà leggibile.
Saranno fatte di parole rivolte a qualcuno che non le leggerà, qualcuno che non può leggerle perchè non esiste. Queste lettere non esistono se non nella mia fantasia.
Eppure le apro parlando ad un certo "X". Segno che mi ricorda non solo i problemi di matematica mai capiti, ma soprattutto l'espressione massima dell'incognita.
Un punto interrogativo, qualcosa che non si sa, qualcosa che, soprattutto, si cerca. Non ha volto il signor X, nè figura. Vive nel mio mondo, ma per le mille casualità della vita non lo incontrerò mai. Che sfiga.
Eppure sembrava così vicino quel pomeriggio al bar, sentivo nell'aria la sua presenza.
Se fossi arrivata qualche minuto prima l'avrei sicuramente riconosciuto, lì alla cassa, a pagare il suo caffè.
O quel mattino alla fermata del tram, quel mattino in cui scordai le chiavi di casa e arrivai tardi a scuola. Era certamente salito sul 145, per la prima ed ultima volta. Prendo tutte le mattine il 145, sempre. Era lui, ne sono certa.
Correvo affannata, sì, ma non ho potuto fare a meno di scorgere la camicia azzurro chiaro arrotolata fino ai gomiti e la gamba piegata in posizione di riposo, un riposo composto.
Per pochi attimi lo perdo. Lo perdo nei congiuntivi delle mille domande che mi faccio e alle quali non serve dare risposta: se fosse andata così? Se fossi arrivata prima?
Lo perdo, eppure di tempo per cercarlo ne ho. Tutta una vita. È la sfida del secolo: passo il mio tempo a rincorrerlo e appena lo prendo dal colletto della polo di cotone due enormi porte di ferro fanno per schiacciarmi le dita e sono costretta a lasciarlo. E via, di nuovo a cercare tra le piazze, i ristoranti, le librerie. Prima o poi quei titani di ferro immaginari mi schiacciano pollice ed indice e addio anche alle lettere che gli scrivo. Speriamo le legga in qualche modo. O speriamo di no. Gli consegnerò la scatola con tutto questo fogliame il giorno in cui riuscirò a dirgli che poteva aspettarmi un attimo.
sabato 21 aprile 2012
30/08
Si cade dentro se stessi
aspettando d'essere
salvati.
Da chi?
Prigioniera
della maschera
attaccata al
volto
con forza.
Liberati.
Liberami.
Rinunciataria perdente
cosa stringi
ora
nelle tue mani
che non sia solo
aria?
E ora respira.
Da chi?
Prigioniera
della maschera
attaccata al
volto
con forza.
Liberati.
Liberami.
Rinunciataria perdente
cosa stringi
ora
nelle tue mani
che non sia solo
aria?
E ora respira.
mercoledì 18 aprile 2012
l'attesa
La scatola di cartone
che conteneva il tuo sorriso
è da tempo in soffitta,
ma non per questo il rumore del mare
- che mi cantavi tutte le sere -
è disperso tra i clacson
delle auto nel traffico
da sabato sera.
Mentre aspetto sento
solo (sola)
il fruscio delle foglie in settembre
e le tue porte annebbiate
chiudersi
lasciando che il sole mi picchi
e metta luce
sugli sbagli dettati dal cuore.
Impenetrabilità
come sigillo di un amore malsano.
Strappa via le speranze di rivedere
sabbia
a dicembre.
che conteneva il tuo sorriso
è da tempo in soffitta,
ma non per questo il rumore del mare
- che mi cantavi tutte le sere -
è disperso tra i clacson
delle auto nel traffico
da sabato sera.
Mentre aspetto sento
solo (sola)
il fruscio delle foglie in settembre
e le tue porte annebbiate
chiudersi
lasciando che il sole mi picchi
e metta luce
sugli sbagli dettati dal cuore.
Impenetrabilità
come sigillo di un amore malsano.
Strappa via le speranze di rivedere
sabbia
a dicembre.
lunedì 26 marzo 2012
10/04/2010
Verde luminoso
mi avvolge
in un abbraccio
il tuo occhio
e tuo è
il respiro debole
che mi scuote
l'anima.
Il tamburellare
del tuo cuore
prolunga l'eco
dell'anima mia.
Non son mai stata tanto tua.
giovedì 22 marzo 2012
sole.
amo quella leggerezza che quasi pesa. quella quasi concreta, che pare possibile poterla toccare. che ti lascia il retrogusto nell'anima mentre ti fa il solletico; quella che urleresti di felicità, ma per non distruggerla accenni ad un sorriso che nessuno capirà.
martedì 21 febbraio 2012
a te che dormi (?)
21/02/2012
la
luce quasi assente e il tuo respiro debole
come
se il cielo ti coprisse, lenzuola di nuvola:
ma
non te ne accorgi.
il
tuo muoverti lentamente ha una preziosità solo mia
che,
ai piedi del tuo sogno, ho un taccuino
e
la penna
con
la quale scrivi il tuo.
martedì 31 gennaio 2012
farewell
Se credi d’avermi
Tornito
Con le unghie il volto
Con il tuo ego
Prepotentemente
Presente
Il nero avvolge
La tua bruttura:
Attorno io.
Fiale di rabbia bevute e lasciate
Aperte
Sul tavolo da pranzo
Senza fame di ingiurie
Te ne vai come se il gelo fossi
Io.
Senza voce d’addio per
Tenermi lontana dal pozzo nero
Non verrei a baciarti.
Neanche se vedessi ancora
Le tue sigarette dalla porta del bagno di
Camera mia
Dopo averti seguito
Fino alla caduta
Del senno
Sul pavimento bagnato,
insieme
al vuoto
che lasciavi sempre
al posto
dei fiori strappati dal terreno annacquato dalle tue
lacrime.
sabato 28 gennaio 2012
preludio
"non ho
mai amato le cose inaspettate.
odio le cose
improvvisate: senza programmi e senza un ordine preciso che mi dia
sicurezza. ho bisogno di un universo
chiuso e fin(i)to. odio le sorprese perchè, presa dallo stupore e dalla
meraviglia, mostrerei ciò che sono davvero di fronte agli eventi. devo essere preparata a tutto: pianificare le
mie espressioni, le mie parole qualunque cosa abbia di fronte per non essere
inopportuna e per non deludere le aspettative degli altri.
ho sempre avuto risvolti positivi nascondendomi dietro
alla mia maschera poichè al mondo non interessa sapere il nome dell'interprete,
sono più attratti dal personaggio del film. ci si ritrova a vivere come
comparse di un film del quale potresti essere il regista..."
Lei scriveva
quando aveva tempo: quando i pensieri diventavano di bronzo. e pesavano così
tanto nella testa. e davano così tanta malinconia. per non sentirli lì dentro
urlare e divincolarsi tra di loro, l'unico modo era prendere la penna e
scrivere.
se lui l'avesse amata, questo lei non lo sapeva. lo
domandava a se stessa e le risposte erano sempre incerte e mutevoli. era stato
un sabato sera da protocollo standard: cena, cinema.
diversamente cena.
Lei non ama cibi elaborati: niente pesce, antipasti,
cibi complessi. non le piacciono le verdure. niente formaggi. niente contorni
d'ogni genere. no a salse, a insalate.
Aveva cercato
più volte di imporre a Lui la sua idea malsana secondo cui sarebbe stato molto
meglio per la loro relazione se ognuno avesse cercato di ricordare attentamente
tutti i dettagli che li distinguevano – quando Lei diceva “tutti” intendeva
tutti per davvero, quindi anche i sopracitati cibi che Lui avrebbe dovuto
evitare con maestria per una cena da sabato sera. Peccato che tra i mille pregi
che Lui poteva vantarsi d'avere non c'era una memoria brillante.
Così
il primo screzio i due l'ebbero quando Lei si accorse che la sua richiesta era
stata completamente ignorata e, cosa ancora più grave, involontariamente. Lui
era il classico tipo che voleva vivere in tranquillità, voleva che i voleri e
le richieste fossero sempre palesati per non incorrere in malintesi che non
avrebbero fatto altro che turbare l'equilibrio quasi surreale che c'era tra
loro.
giovedì 19 gennaio 2012
тания - виктор
06/01/2012, St. Petersburg
La
luce non arrivava prima delle dieci del mattino e Tania lo sapeva: A
San Pietroburgo ci era nata. Camminava velocemente per non sentire il
freddo entrarle nelle ossa come il dolore di quei giorni, così
incessante e imponente. Il marciapiede era scivoloso, la neve del
giorno prima aveva lasciato posto ad un massiccio strato di ghiaccio.
Tania era prudente e leggera quanto elegante nel suo passo mattutino,
benchè fosse colma fino all'orlo di lacrime, come il più fragile
dei contenitori. Le lacrime che le rigavano a più riprese il volto
le davano un brivido di calore difficile da trovare in quella città.
A questo fu utile il dolore di Tania? A riscaldarle il volto con
lacrime salate? Probabilmente era l'unica nota positiva.
Viktor
l'aspettava in stazione nella sua vecchia Skoda grigia, illudendosi
di poter riuscire a riscaldarsi più facilmente rimanendovi dentro.
Tania era appena arrivata e faticava a riconoscerlo; ricordava solo
la piccola cicatrice sopra all'occhio destro, di due blu come la
notte. Lo sguardo di Viktor portava Tania in una dimensione caotica e
indefinita, fosse stato per le emozioni complesse mai esternate che
lei provava o per la stessa bellezza disarmante di quei diamanti
stranamente blu. Viktor di Tania aveva un ricordo che pulsava più
degli altri: il biondo lucente dei capelli che si sposava alla
perfezione con le perle che la giovane donna portava con grazia ai
lobi delle orecchie.
Quei
sottili fili d'oro intrecciati in mille modi - trecce, codini, con
fiocchi - erano parte essenziale del ricordo di Tania che aveva
quell'uomo.
Il
cielo che li sovrastava era specchio dei loro pensieri: cupi, grigi,
confusi. Le nuvole sembravano quasi non voler dare spazio al sole che
con educata prepotenza insisteva nel far capolino tra di loro.
Sarebbe bastato solo qualche raggio delicatamente filtrato dalle
pesanti nuvole per permettere a Tania e Viktor un accenno di sorriso.
Quel raggio si sarebbe posato timido sul viso della giovane ,
illuminandole i biondi fili d'oro e bruscamente avrebbe fatto
socchiuderle di poco gli occhi. Lei avrebbe avvicinato la mano al
volto per ripararsi ed asciugare le sue lacrime trasformate in
rugiada scintillante da quel raggio. L'abbagliante sole si sarebbe
disteso diversamente su Viktor. Avrebbe attraversato i vetri della
vecchia Skoda e con fatica avrebbe percorso i lineamenti marcati
dell'uomo. La fronte lucida, l'incavo degli occhi, le guance morbide,
le labbra carnose fino ad arrivare ai diamanti blu, provocando
probabilmente qualche imprecazione da parte dell'uomo.
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