mercoledì 30 novembre 2011

...


L'impotenza.
La disperazione.
L'indecisione, la paura.
Nero, buio che sovrasta il sereno.
Il cielo piange, io piango.
Lacrime salate che fanno bruciare
le ferite del cuore.
E attendo

Ero così stanca che presi borsa e tutto il resto e scesi senza nemmeno specchiarmi. Alquanto strano.
Arrivai alla fermata ansimante, e con mia grande sorpresa non c’era ancora nessuno.
Logico.
Erano solo le sette e venti del mattino.
Rimasi lì, ferma a bestemmiare e a pensare che sarei potuta restare a letto più a lungo, o perlomeno uscire con meno fretta.
Maledetto orologio.
L’aria era intrinseca di umidità, freddo. Entrava nelle ossa per la sua densità. Odiavo l’umidità, e non solo perché fa arruffare i capelli. Era l’ennesimo motivo per prendere ed andare a casa a rimettermi a letto, ma dopotutto era l’ultimo giorno prima delle vacanze di Natale, finalmente.
Quindi, senza pensarci ulteriormente, rimasi lì a contemplare la scenetta che mi si presentava davanti.
Ogni tanto passava un’automobile e mi divertivo a spiare le persone che guidavano.
Erano le sette del mattino, i visi della gente a quell’ora della giornata raccontavano la loro personalità.
Mi stufai subito del mio passatempo precario. Presi a seguire le foglie che spostate dal vento scivolavano ai bordi della strada. Ne seguivo una in particolare con la coda dell’occhio. Era variopinta, un misto tra verde e arancione: doveva essere appena caduta.
Seguivo i suoi movimenti strani e sinuosi.
Ma ad un certo punto - crac - una macchina l’assalì.
Non so perché ma quell’immagine mi rovinò la giornata.

martedì 22 novembre 2011

utopisticamente parlando

Caro X,
Ti cerco. Negli occhi dei passanti, dei conoscenti. Al parco. In piazza. In casa affianco alla finestra aperta. Si vedono alberi che stanchi perdono foglie come un vecchio i capelli. In quelle foglie ti cerco, nei turbini creati dal vento caldo che alza le gonne delle donne e fa volare cappelli ai signori in frac. Il cielo grigio sopra di me - noi - mi consola: è una coperta che ci avvolge entrambi, è un manto steso sulle nostre teste, viviamo sotto lo stesso tetto, devo solo continuare a cercarti.
Non ti conosco, ma se t'incontrassi per la via saresti già mio. Come posso cercare qualcuno di cui non ho mai visto neanche il volto?
Non importa, so che ci sei e continuo ad aspettarti.
Già immagino i tuoi passi lenti e cauti verso di me: armonia eterna rotta dal rassicurante suono della tua voce.
"Sono qui."
E lo dici avvicinandoti a me, china a raccogliere una delle tante lettere scritte nell'attesa infinita di te.
Ho immaginato tutto: non hai parlato.
Mi fissi negli occhi aspettando risposte a domande mai fatte. Le trovi, le trovo tutte.
In quell'iride azzurra il mare ha versato le sue gocce più belle, solo per te. Attorno, il bianco delle nuvole si fonde col mare: è la perfezione. Gelido, costante il tuo sguardo sembra imbavagliarmi con forza inaudita, impedendomi qualsiasi commento, parola.
T'ho aspettato una vita, a che serve rompere il silenzio ora? Tutto ciò che avevo da dirti l'ho scritto su carta. Post-it sul frigorifero, tovagliette da ristorante, salviettine da bar, t'ho detto tutto di me e sempre. Sai già tutto. A che serve parlare? Il tempo di raccogliere un foglio, bere un caffè. E sei andato via.
"Il mio amore per te non svanirà col passare del tempo come l'oro dei capelli"
Continuo a cercarti.


Clorinda